Il ragazzo di Recanati. Luzi e Leopardi

leopardi-1di Nicoletta Mainardi

Ci voleva un poeta di prima grandezza come Mario Luzi per restituire a Giacomo Leopardi dal fondo del suo radicale pessimismo, storico ed esistenziale, un ritratto intimo commosso e partecipe che è quasi un autoritratto. Accanto al poeta scelto come esempio impareggiabile di stile e al filosofo di sconcertante lucidità intellettuale che s’interroga a nome di tutti sulla natura umana e sulle ragioni dell’infelicità, Luzi ritrova intatto nell’autore di A Silvia il cuore antico e perenne del “ragazzo di Recanati” innamorato del pensiero della vita al suo primo gioioso rivelarsi e al suo altrettanto precoce, profetico negarsi.

In una sua testimonianza Luzi racconta questa relazione di coinvolgimento affettivo prima ancora che culturale e letterario da lui intrattenuta con la lirica leopardiana fin dal primo incontro con quei versi. Il magistero di Leopardi, da Luzi qui e altrove espressamente dichiarato, si lascia costantemente cogliere nella sua opera poetica nella capacità di coniugare l’io lirico di una tradizione illustre di ascendenza petrarchesca con l’abito speculativo di un moderno pensatore in cerca di verità. E se anche questa verità mostra, come sempre in Leopardi, la sua sostanziale inadeguatezza rispetto alle speranze di felicità degli uomini e del mondo, non per questo la poesia, in Leopardi come in Luzi, cessa di comunicare pensieri ed emozioni e farli risplendere nell’esaltante vitalità del suo linguaggio.

Ma Leopardi è stato per Luzi molto di più di un maestro, di un pensatore con il quale condividere un’idea della poesia, di un grande artefice di versi di valore universale; è stato la scoperta stessa della poesia nel suo lento ma deciso formarsi e agire dentro e fuori di sé. Il Luzi che ventenne si affaccia alla vita e insieme alla poesia intitolando Alla vita una lirica del suo primo libro di versi, La barca (1935), è anche lui come Leopardi poco più che un ragazzo, un giovane promettente studente fiorentino in cerca di amicizie e di contatti umani; un poeta esordiente fiducioso nel “canto” ma già sentimentalmente e culturalmente avvertito che per un poeta moderno venuto dopo Leopardi la vocazione al canto è fraterna alla coscienza del dolore. Anche in seguito, immersa nel dramma dell’esperienza e della storia eppure confidente in ciò che di fondamentale richiama l’uomo alla sua origine, la poesia di Luzi continuerà ad abbeverarsi alla fonte inesauribile di una giovinezza leopardianamente trascorsa fra trepidi abbandoni e angosciose premonizioni; continuerà a  “cantare” alla vita e a desiderare, insieme, di poter vedere il mondo come allora lo vedeva da una barca: “Amici dalla barca si vede il mondo / e in lui una verità che procede / intrepida, un sospiro profondo / dalle foci alle sorgenti”.

Nicoletta Mainardi