Luzi e le lacrime delle cose

Luzi Francesconi miodi Marco Marchi

ATTENZIONE
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È una piccola storia sorprendente e profonda, a suo tempo raccontata con sensibilità e precisione di dettagli da un testimone attendibile come Nino Petreni. Protagonista, il poeta Mario Luzi; scenario, l’incredibile, storica e poetica Pienza, dove d’estate, come tutti sanno, Luzi amava soggiornare. È un tardo pomeriggio della caldissima estate del 2003 quando alla porta della dimora del poeta – nella stretta, fresca ed oscura Via del Bacio – bussa un imprenditore bresciano, un industriale, Roberto Zani. Si presenta, chiede di Mario Luzi, vuole incontrare il poeta. Luzi, generosamente disponibile come sempre, lo riceve, lo ascolta e subito capisce che la richiesta di Zani – sceso in Toscana proprio per conoscerlo, per potersi aprire e confrontare con lui su di un tema che lo affascina – non è di quelle abitualmente avanzate da studiosi e giornalisti, lettori e ammiratori.

Zani parla a Luzi della sua intenzione di realizzare un lacrimatoio e delle motivazioni sottese a questo suo desiderio, a questo suo progetto cui Luzi stesso dovrebbe, ampliandone con la sua adesione collaborativa motivi e implicazioni, prendere parte. Un lacrimatoio: un oggetto come simbolo della sofferenza degli uomini, un calice del millenario dolore di una «specie» pronto a farsi pegno memoriale, testimonianza di pietà e civiltà.

Luzi segue attento. Con la discrezione e la delicatezza che erano tra le sue molte qualità di persona, lascia parlare, lascia che quell’idea si dipani e liberamente si esprima, consentendo a chi gli sta di fronte la possibilità specificante di personalizzare o meno, rapportando a lutti brucianti individualmente sofferti o tacendo, il perché di quell’iniziativa, la sua pressante urgenza. Ma si esibiscono e valgono soprattutto, per quelle lacrime dell’umanità da custodire e celebrare, le ragioni generali e quelle dell’arte: come in Shakespeare o in John Donne, come esemplarmente accade, oltre i confini della letteratura, anche in musica, nella stupenda aria di Charlotte Va! Laisse couler mes larmes, ad esempio, del Werther di Massenet.

L’incontro si conclude quel giorno con il riconoscimento da parte di Luzi dell’originalità e della serietà dell’iniziativa: della novità di una praticabile, condivisibile «strada di grande fascino» che gli è stata aperta, del coraggio di un intento situabile fra antico e moderno che con tanta passione gli è stato illustrato. Di più: il poeta aggiunge, al momento del congedo: «Vorrei percorrere, un poco, con lei questa strada».

È quasi una promessa. Ne nasceranno i versi intitolati Delle segrete, silenziose lacrime, ne nasceranno le alte riflessioni sull’universale compianto di Sunt lacrimae rerum. «Non c’è oggetto – affermerà Luzi – più assoluto e sacro del vaso lacrimale: nessun altro oggetto esprime la condizione umana così intensamente. Il riso e il sorriso non producono oggetti idonei alla loro materiale conservazione, non hanno emblemi così perentori come lo hanno le lacrime».

Ai contributi scritti forniti da Luzi farà riscontro la realizzazione in vetro di Murano del lacrimatoio stesso su disegno di Ettore Sottsass, e l’opera sarà esposta al Palazzo della Triennale di Milano dopo la scomparsa del poeta. In quell’occasione la poesia di Luzi si farà anche voce attraverso la lettura dell’attore Alberto Rossatti.

Lacrime di dolore, e insieme – segrete e silenziose anch’esse, anch’esse raccolte e non perdute – lacrime di gioia.

Marco Marchi

Il ritratto di Mario Luzi a illustrazione del post è di Mario Francesconi