Riscoprire la Parola

di Maria Sabrina Titone

Appena sei minuti, con voce di poeta, per testimoniare conflitti, pene, dilemmi del Novecento, offrire un contributo di riflessione, ma anche lanciare una sfida: riscoprire la Parola, come necessità di proporre.

La testimonianza umana e poetica di Mario Luzi attraversa le contraddizioni del Novecento, un secolo in cui “bene” e “male” si sono fatti conoscere in modi estremi, dove la caduta dell’uomo, la sua inumanità, si sono drammaticamente dichiarate. Innanzi al dolore della guerra e delle sue tragedie, dei conflitti sociali e politici del Novecento, davanti all’infelicità e al “terrore”, anche la poesia ha vacillato, si è dovuta chiedere: come sentire e trascrivere la realtà intima dell’uomo di oggi?

Sono stati, questi, i conflitti di un’intera generazione di poeti, narrati – nel primo Novecento – dal canto doloroso di Montale:

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.
[…]
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

Vacilla e si paralizza la Parola come Verbo, come testimonianza e proposta. Di contro, nel Novecento, assistiamo alla proliferazione di acquisizioni, con una vastità inedita di conoscenze. Ma mentre crescono i “saperi” – sostiene Luzi – non aumenta la coscienza: coscienza dei limiti, consapevolezza della nostra condizione umana e delle nostre responsabilità. Tutt’altro! Proliferano le parole: per non dire, spesso “per dissimulare, per imbrogliare”.

Ma alla paralisi della Parola Luzi reagisce ed invita alla reazione. Per quanto le immagini di crisi possano farci vacillare, per quanto la filosofia e le scienze protagoniste del Novecento abbiano abitato il dubbio e l’ipotesi, la poesia deve spingersi a ritrovato la realtà intrinseca dell’uomo di oggi.

Il poeta deve agire nel finito mentre sente l’Infinito e lo trascrive. L’esercizio creativo della poesia deve essere orientato alla comprensione del mondo, all’ascolto ed alla ripresentazione dell’esistente: sia pur partendo dalle macerie.

Proprio dalla conoscenza dei cocci addolorati del mondo, muove l’itinerario poetico di Luzi nel secondo Novecento. Dopo una sofferta latitanza – quella certificata da Montale –, la poesia è richiamata alle sue funzioni di esegesi: di spiegazione, testimonianza e proposta. In un’intervista degli anni Novanta, Luzi spiegava questo impegno: “Il linguaggio va senz’altro purificato, come va purificato l’uomo. E per quanto riguarda il linguaggio è proprio la poesia a consentirne la purificazione, la rinascita, la rivitalizzazione. La poesia mette la parola dov’era la cifra, dov’era il segno convenzionale, dov’era il non-dire”.

Nei versi della raccolta Sotto specie umana, del 1999, questo impegno si fa vivido. Luzi è insoddisfatto dall’“ordinario simbolismo del linguaggio”; chiede ora alle sue parole di diventare Parola, di raggiungere il bersaglio della piena significazione, di essere spiegazione, testimonianza e proposta; ed al suo verso rivolge un’accorata supplica:

[…] ti prego
non chiuderti a difesa
nel cristallo della tua innocenza,
non ignorare il mondo e le sue scorie,
fa’ esperienza, se vuoi, della tua misericordia.

Maria Sabrina Titone