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Sarà capitato a molti di soffermarsi a guardare il volteggiare di uno stormo di rondini nel cielo mentre siamo affacciati alla finestra o durante una passeggiata. Sicuramente è successo a Mario Luzi che ha scritto proprio una poesia sulle rondini – Essere rondine, poi confluita nella raccolta del 1985 Per il battesimo dei nostri frammenti –, tra le più belle che abbia mai composto.
Luzi in Essere rondine descrive le centinaia di rondini che punteggiano l’orizzonte e girano vertiginosamente su e giù nello spazio libero. Il nero stormo è paragonato a una fontana che sgorga con impeto nel cielo. Si nota a tal proposito che, nella prima parte della poesia, il poeta ha usato frequentemente verbi (“sgorgano”, “traboccano”, “si rituffano”) e sostantivi (“zampillo”, “guizzo”, “getto”) che riguardano l’acqua, elemento da sempre considerato simbolo della vita stessa.
In testa a ogni “caldo gruppo” c’è sempre una rondine ma, se le osserviamo con attenzione, ci accorgiamo che tutte cambiano continuamente di posto sorpassandosi a vicenda, rimescolandosi dentro l’ambito segnato dalla massa dello stormo, che procede compatto, ordinato, ora allungandosi, ora ingrossando, ma sempre come un’unità definita. A un certo punto uno scompiglio improvviso scompone l’intero stormo: qualche rondine sembra sbandare a causa del suo tumultuoso fremito di ali e rompe le righe di quello che appariva un vero e proprio esercito (“pattuglie”). Qualcun’altra osa spingersi più in alto rispetto alle compagne ma, consapevole del limite del proprio campo d’azione e delle proprie forze, torna subito ad aggregarsi al gruppo che aveva lasciato. In quei momenti le rondini si confondono nell’aria come i resti di un falò (“compressa fiamma”) che il vento solleva e libra leggeri in mille volute capricciose.
Nella seconda parte della poesia si concentrano gli interrogativi di Luzi. L’autore, osservando le affascinanti evoluzioni aeree delle rondini, si chiede se nel loro intenso “affannarsi” e nella loro frenesia ci siano sentimenti di gioia oppure di dolore: se si possa parlare davvero di libertà,dal momento che quelle anime “sono libere di muoversi / ma a un ritmo segnato”. Si tratta dunque di una libertà solo apparente? Nessuna rondine svia dall’ampia traiettoria circolare e tutte filano dritte come frecce con meravigliosa simultaneità. Quale forza le tiene avvinte, le attrae? Cosa ci sia nel loro slancio impetuoso, che cosa nel loro planare non lo sappiamo chiaramente. Lo esprimono forse con l’acuto stridio del loro canto che risuona come un grido straziante e “in quella irrequietudine è la loro pace”.
Anche noi siamo rondini irrequiete, l’essenza stessa della nostra condizione umana è una libertà condizionata (“recinti”) in quanto viviamo la nostra vita in relazione a un mondo che spesso ci impone dei limiti e delle regole da seguire. L’irrequietudine allora è la nostra pace, anche se questi due termini sembrano contrapposti. Il nostro essere inquieti è dovuto al fatto che siamo vivi, frementi, curiosi. Ce ne accorgiamo meglio quando esplode la primavera e sentiamo dentro di noi la vita che irrompe, che pretende spazio ed energia. Il tepore dell’aria inizia a smuovere e a rigenerare le nostre menti e pensieri nuovi e nuove preoccupazioni ci riempiono di inattese inquietudini.
“Essere rondine” significa, soprattutto quando si è giovani, mettere ali ai nostri sogni e ai nostri desideri. Del resto le corse e le capriole dei ragazzi quanto sono simili ai voli e ai guizzi alati delle rondini! “Essere rondine” è sentirsi irrequieti ma, proprio per questo, profondamente vivi, come se la nostra essenza di esseri umani fosse, come quella delle rondini, di viaggiare verso quello che sarà il nostro percorso di vita. Tutti noi partiamo con la voglia di andare lontano seguendo come uno stormo una rotta precisa. Sì, qualche volta ci perdiamo o sbandiamo inaspettatamente ma, con tenacia, siamo in grado di riprendere il nostro cammino per tornare a casa e instancabili ripartire ancora… trovando pace solo nell’agitazione dei giorni e dei pensieri.
Ecco come possiamo definire la poesia di Luzi: un bellissimo dipinto della nostra irrequietudine.
Daniela Del Monaco